Rischi Bitcoin: parlano Bankitalia e Consob

Rischi Bitcoinparlano Bankitalia e Consob

Da anni ormai si parla di criptovalute e bitcoin, ma mai come in questi ultimi mesi abbiamo assistito ad una ascesa esponenziale del settore della moneta virtuale. Questo – soprattutto – perché top player del mercato, in vari settori commerciali ed industriali, hanno mostrato interesse verso investimenti mirati. Interesse che si è tradotto in azioni concrete, come nel caso di Tesla, Blackrock e Nexon.

Non solo aziende e brand: anche singoli soggetti-imprenditori hanno dato un contributo significativo. Parliamo ad esempio di sportivi di livello internazionale come Russel Okung in NFL, che percepirà una parte del proprio stipendio in bitcoin! Siamo alla fase primordiale di un travolgente movimento, partito dal base della piramide e chi si sta dirigendo dritto verso la cuspide, occupata da istituzioni pubbliche e banche centrali.

Una sorta di laboratorio: per ora i trend di crescita sono sicuramente positivi, per gli improvvisati i rischi sono tutt’altro che assenti. In tal senso, nel corso degli anni, non è mancato un dibattito sulla questione, che oggi arriva probabilmente ad una delle sue fasi più critiche (ma anche interessanti da osservare). Nella mischia si sono gettate anche due voci istituzionali come Consob e Bankitalia, che hanno messo in guardia sui possibili rischi degli investimenti in bitcoin.

Proviamo a riassumere le osservazioni dei due enti, in merito alle criticità del settore:

  1. ci sono scarse informazioni in merito alla modalità con la quale vengono decisi i prezzi;
  2. le quotazioni sono piuttosto altalenanti e “volatili”;
  3. a livello legale e contrattuale si nota l’assenza di vere tutele.

A tutto ciò si aggiungono dei rischi di carattere “tecnologico-informatico”, ovvero la possibilità non trascurabile di attacchi hacker e/o di smarrimento di credenziali dei portafogli elettronici. L’appello di Bankitalia e Consob è stato “sposato” e condiviso anche da 3 autorità europee di supervisione: EBA, ESMA e EIOPA. Ed è a tal proposito che occorre ulteriormente riflettere: attualmente non esiste ancora un quadro regolamentare unico a livello europeo di bitcoin e delle criptovalute in generale.

A questo punto alcune domande sorgono spontanee; questi stessi operatori di vigilanza come giustificano il fatto che solo il 3% della liquidità in euro è stampata (il resto sono solo numeri su uno schermo)? Il loro scetticismo deriva forse dai timori (giustificati) della nascita di una finanza alternativa, auto regolamentata e che non prevede la loro esistenza?

L’ingresso sulla scena di colossi rappresentativi di settori eterogenei, dovrebbe essere l’occasione definitiva per fare chiarezza o per lo meno iniziare a tracciare le linee guida per una prospettiva il più possibile condivisa. Intanto, il monito di Consob e Bankitalia è comunque positivo, è fondamentale evitare mosse eccessivamente avventate, soprattutto in ambito aziendale. Se si vuole convertire parte della liquidità aziendale in bitcoin serve un piano di conversione ben delineato e strutturato. Fare è bene, farlo bene è meglio.

Perché detenere Bitcoin come azienda

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